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LA POLITICA SI FA IN CUCINA Gusti, preferenze, passioni e debolezze dei “grandi” a tavola


Franco Banchi
LA POLITICA SI FA IN CUCINA Gusti,...
Posted on 3rd Febbraio 2025 by Franco Banchi
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di FRANCO BANCHI

L’amore per la buona cucina si è da sempre incrociato con le storie della politica. Aprire il sipario sui gusti, le preferenze, le passioni, le debolezze dei “grandi” a tavola è quasi sempre rivelatore, come conferma o smentita, del loro carattere e temperamento personale e della loro “cifra” pubblica.

El Comandante: la cucina come arte

Ad esempio per Fidel Castro la cucina er qualcosa in più di un mestiere o abilità, addirittura un’arte.

No solo, visto che Fidel era lui stesso un ‘grande cuoco’ e gli piaceva comandare anche in cucina, secondo quanto emerge da un documentario di Estela Bravo Anecdotas sobre Fidel , presentato all’Avana al Festival internazionale del nuovo cinema latinoamericano (2016 ).

Il leader maximo adorava parlare di cucina. Frei Betto, nel suo libro di conversazioni, Fidel e la religione, ricorda con quanta precisione il Comandante gli descrisse la preparazione dei gamberi e delle aragoste: “E’ meglio non cuocerle: l’acqua bollente toglie sapore e indurisce la carne. Preferisco farle alla griglia o al forno o in spiedini. Bastano cinque minuti per gli spiedini di gamberi; undici per l’aragosta al forno e sei per gli spiedini alla brace. Come soli condimenti, burro, aglio e limone. Il cibo gustoso è sempre semplice. I cuochi internazionali sprecano troppo”.

Castro abbinava spesso la sua passione per la caccia con quella della cucina.

Come ci dice lo scrittore Vasquez Montalban , quando andava a caccia di anatre selvatiche, gli piaceva non poco seguirne la cottura. La sua passione per il fegato d’oca e per i formaggi francesi lo aveva anche spinto a promuovere ricerche sull’ingozzamento delle anatre cubane e sulla produzione di un latte di ottima qualità indispensabile alla fabbricazione di formaggi squisiti.
Il rapporto di El Comandante con i suoi chef non è mai stato facile, perchè lui, forte della sua autorità superiore, non era solito elogiare i piatti. . Se mangiava in silenzio significava che il cibo era buono.

Sulla tavola di Fidel Castro non doveva mai mancare il maialino da latte marinato, poi arrostito e servito con platano o banane cotte. Andava pazzo anche per il gelato, tanto da poter mangiare anche diverse coppette al giorno.

Le 42.000 bottiglie di champagne di Winston

Ma i grandi della politica internzionale sono stati anche amanti anche di vini e champagne.

In modo iperbolico, ma significativo, si narra ad esempio che il più famoso Primo ministro britannico della storia, Winston Churchill, avesse  stappato nella sua vita ben 42.000 bosttigle di champagne, seconoa un’analisi condotta dalla famosissima maison francese Pol Roger, le cui bottiglie erano apprezzatissime da Churchill e dalla quale si riforniva per riempire la sua cantina.

Non a caso la stessa cantina Pol Roger decise di produrre e commercializzare una tipologia di Champagne in suo nome: la Cuvée Sir Winston Churchill. Si tratta di un assemblaggio la cui formula è segreta, ma in cui il Pinot Nero prevale, proprio per ricordare i gusti dello stesso Churchill.

Il 10 maggio del 1940, Churchill fu nominato primo ministro. Nella classica “conferenza stampa”, qualche giornalista chiese quali fossero i suoi programmi e le sue intenzioni. Secca fu la risposta: “aprirò una buona bottiglia di Champagne”.

John Fitzgerald Kennedy: tra zuppa di pesce, cucina francese e…

Tutt’oggi quella di John Fitzgerald Kennedy rimane una delle figure più affascinanti della storia politica americana e di quella internazionale. Il Presidente apprezzava la cucina americana, più che altro a colazione. Come noto è stato un grande appassionato di cucina francese insieme alla moglie Jacqueline, accogliendo quella che in quegli anni era una moda in continua crescita. A pranzo pare mangiasse zuppa, sandwich e non dimenticando delle buone barrette di cioccolata. Non disdegnava neppure il take away, facendo prelevare il cibo preferito dai suoi assistenti in caso di impegni che lo trattenevano alla Casa Bianca o di partenze improvvise. La figura di Jacqueline al suo fianco fu molto importante, la moglie si interessò concretamente alla cucina francese, avvalendosi dell’aiuto di alcuni chef ed esperti di settore. Tuttavia JFK non dimenticò mai le sue origini, tra i suoi piatti preferiti c’era la zuppa di pesce del New England, accompagnata magari da una birra gelata.

Le cene dei grandi politici sono dedicati anche ad eventi personali, in realtà occasioni privilgiate di mondanità e pubbliche relazioni.

E’ il caso della festa del 45° compleanno dello stesso JFK, che si tenne al Madison Square Garden di New York, occasione anche per irrobustire le casse del partito Democratico.

Davanti al palco, in basso, era stata sistemata l’orchestra in un box ornato da stoffa drappeggiata e sul soffitto si stagliava l’immagine dell’aquila testabianca, il simbolo degli Usa, circondata da centinaia di palloncini mullticolore. Mentre nella sala si serviva la cena – polpa di granchio al forno su conchiglie, grano cotto, brodo di pollo, medaglioni di manzo glassati al vino Madera, contorno di carote alle erbe e funghi di bosco – sul palco si alternavano le esibizioni di Maria Callas, di Shirley MacLaine e Jimmy Durante in duo, il Jerome Robbins’ Ballets di New York, Ella Fitzgerald, Harry Belafonte e tutti gli altri. E poi fu annunciata lei, Marilyn Monroe. Ma non si presentò.

La cuoca del Presidente che andò in Antartide

La stessa cinematografia si è interessata del rapporto tra le grandi personalità politiche e la cucina.

A proposito dell’amore per il cibo trattato nei film, tra i titoli più recenti viene in mente La cuoca del presidente. Girato nel 2012 dal regista Christian Vincent è ispirato alla vera esperienza di Danièle Mazet-Delpeuch, cuoca di una zona a sud della Francia che lavorò per il presidente Francois Mitterrand dal 1988 al 1990. Fu la prima donna chef personale di un Presidente francese.

Ella arrivò a tale ruolo dopo essersi distinta come insegnante culinaria. Venne notata da Joël Robuchon, tra i più rinomati chef del Novecento, che la raccomandò convintamente per il ruolo. Come cuoca del presidente, Danièle ebbe l’occasione di cucinare per alcune delle più importanti personalità politiche dell’epoca. Dal leader russo Mikhail Gorbachev al primo ministro britannico Margaret Thatcher. La sua carriera ebbe poi un epilogo inaspettato ed eccentrico. Mal sopportando il rigore di etichette e protocolli, Danièlle decise infine di dimettersi, andando a lavorare come cuoca in una base scientifica dell’ Antartide.

Cucina stellata romana per Draghi e Merkel

Nell’ambito della politica si sono registrati anche particolari tete a tete di lavoro, consumati in location speciali.

Nell’ Ottobre 2021 due grandi del panorama politico europeo, Draghi e Merkel, si sono concessi una pausa pranzo a Roma ed hanno degustato la cucina stellata di un celebre ristorante romano, con panorama mozzafiato sulla Capitale che spaziava dal Quirinale a Villa Medici fino a Villa Borghese.

Il menù proposto dallo chef un vero e proprio inno alla cucina italiana, partendo subito con un piatto romano rivisitato: spaghetti cacio e pepe del Madagascar profumato ai boccioli di rosa. A seguire  polpo al vapore accompagnato dal sedano fresco, un ottimo risotto Gran Riserva con Franciacorta, ostriche con rucola e per finire un dolce amatissimo: il tiramisù con variante.

La magia dei banchetti di Stato: menù tricolore, aceri giapponesi e gelato di pomodoro

Ma la nostra panoramica non poteva omettere forse la parte diplomaticamente più importante e delicata nei rapporti tra cibo e politica ovvero i banchetti di Stato offerti agli ospiti internazionali.

Nel Giugno 2004, durante la cena di gala tenutasi a Villa Madama, in onore dell’allora Presidente Usa George Bush, Berlusconi, come padrone di casa nella sua veste di Presidente del Consiglio, chiese di impostare l’intero menù su note “nazionali”. Una caprese tricolore fu servita come antipasto. Successivamente vennero presentate all’ospite ed alla delegazione pennette tricolori, condite con pesto, salsa ai quattro formaggi e un battuto di pomodoro Pachino. Per il dessert, offerto un plateau di formaggi italiani seguito da gelato. Naturalmente, anche il gelato era tricolore, con gusti di fragole, pistacchio e fior di latte.

I banchetti di Stato sono anche occasione per conciliare buon cibo e particolare attenzione al contesto ed agli addobbi. E’ il caso del banchetto che, nel Giugno di questo anno, Re Carlo d’Inghilterra, insieme alla consorte, hanno offerto all’ Imperatore del Giappone Naruhito ed alla moglie Masakodi.

I tavoli per il banchetto decorati con piccole composizioni di peonie e rose, e vasi più grandi sparsi ovunque. Le rose provenivano dai giardini di Buckingham Palace e del Castello di Windsor. Inoltre sono stati disposti degli alberi di Palmatum Seiryu Acer, noto come acero giapponese. Il menu includeva scampi scozzesi affogati su nido di cetrioli con mousse al basilico, consommé di pomodoro fresco, filetto di rombo della Cornovaglia al forno, con burro alle erbe, avvolto nella lattuga, selezione di verdure estive, crocchette di patate e spinaci, insalata di fagiolini e uova di quaglia e, infine, bomba di gelato con sorbetto alla pesca.

Sempre nel Giugno del 2024, durante il G7 in Puglia, il Castello svevo di Brindisi, sorto nel 1227 per volontà di Federico II, ha ospitato la cena inaugurale dell’evento offerta dal Prsidente della Repubblica Mattarella.

Dedicata al Sud Italia, ma con incursioni di tanti altri prodotti nazionali, la cena è iniziata con grissini all’olio extra vergine d’oliva toscana con bollicine. A seguire Gelato di pomodoro e pane tostato con croccante di pane e foglia d’oro della Campania. Si prosegue con zuppa di pesce dell’Adriatico, risotto all’astice blu di Sardegna, fondo di branzino e agrumi. Come dessert crostatina di limoni di Sorrento, bergamotti di Calabria, mandorle di Noto. In quanto ai vini, tutto il miglior repertorio del produttori italiani, sia in tema di vino che di spumanti.

Non deve sorprendere più di tanto che per comprendere la politica, da tempo immemorabile, si debba sbirciare anche in cucina, decifrare la disposizione dei posti a tavola. Perfino il tintinnio dei calici che si “scontrano” possono delineare il clima politico e le relazioni tra i popoli e le nazioni. La cultura gastronomica è a tutti gli effetti “politica”.

Franco Banchi
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