Ma la farina ha un’anima?


Ma la farina ha un’anima?

Osserviamo la farina!

Ogni giorno veniamo in contatto con una grande varietà di cibo, sia di origine animale che vegetale. Lo maneggiamo, lo guardiamo, a volte lo cuociamo, lo mangiamo. Quante volte ci siamo chiesti quale sia il suo aspetto sotto una semplice lente di ingrandimento o a un ingrandimento molto maggiore, quale si può ottenere utilizzando strumenti come i microscopi ottici o i microscopi elettronici?

In questo breve articolo vedremo come si presenta la farina, un prodotto di origine vegetale e di uso quotidiano.

Innanzi tutto, cosa è la farina? Quando usiamo questo termine senza introdurre alcuna ulteriore specificazione intendiamo la farina di frumento, cioè quello che si ottiene dalla macinazione dei chicchi di grano. In realtà già dietro a questo termine si celano diversi tipi di farina, risultato della macinazione dei chicchi di frumenti diversi: grano duro, grano tenero, farro ecc. Specifichiamo invece di quale farina intendiamo parlare quando si tratta del prodotto della macinazione del riso, delle castagne, delle patate (fecola), del mais, ecc.

Nel mondo esistono moltissime farine ottenute da piante diverse. Alcune di queste hanno avuto particolare successo in campo alimentare e vengono ampiamente commercializzate, altre invece sono relegate ad usi tradizionali nella cucina di aree geografiche più o meno ristrette.

Venditrice di farina di sago a Sulawesi, Indonesia. La farina di Sago si ottiene dalla macinazione della parte interna dei fusti di alcune palme e cicadee.

Per ottenere la farina, vengono sottoposte a macinazione parti delle piante che sono particolarmente ricche di amido. L’amido rappresenta la riserva energetica per eccellenza dei vegetali ed è costituito da lunghe molecole che si formano per polimerizzazione del glucosio, lo zucchero sintetizzato con il processo fotosintetico a partire da acqua e anidride carbonica, grazie all’energia fornita dalla luce solare. Le piante immagazzinano amido nei semi per sopperire alle prime necessità energetiche delle nuove giovani piante, quando queste non hanno ancora ben sviluppato le parti verdi dove avviene la fotosintesi. Lo immagazzinano anche laddove la fotosintesi non è possibile perché non vi arriva la luce, come ad esempio nella parte centrale dei fusti o nella porzione sotterranea del loro corpo.

A livello cellulare, l’amido delle piante si forma dentro appositi organuli che prendono il nome di amiloplasti (chiamati anche leucoplasti, se si vuole sottolineare il fatto che sono bianchi e non verdi come i cloroplasti).

Cellule piene di riserve amilifere nella parte sotterranea della pianta di tifa. Le parete cellulari sono colorate in azzurro.

L’amido si deposita progressivamente attorno a un ilo, che può essere puntiforme, lineare o ramificato, formando il granulo di amido che si accrescerà fino a raggiungere dimensioni che possono variare anche all’interno della stessa pianta. Anche la forma che il granulo di amido assume può essere diversa, da sferica a ellissoidale, ovoidale o poliedrica. Esistono granuli di amido che si formano a partire da un solo punto detto ilo (granuli semplici) e granuli che si formano a partire da un numero anche elevato di ili distinti (granuli composti). La struttura originaria dei granuli di amido viene poi modificata durante il processo di cottura. I granuli composti tendono a disgregarsi e danno origine a farine che sono più facilmente e più velocemente digeribili. Infatti, a causa della disgregazione dei granuli, viene aumentata notevolmente la superficie attaccabile dagli enzimi digestivi. Ne è un esempio la farina di riso che viene utilizzata nell’alimentazione dei bambini in tenera età e che, come è noto, causa un rapido innalzamento glicemico in chi consuma riso, maggiore di quello che si osserva dopo il consumo di pasta fatta con farina di frumento, formata da granuli semplici.  Le dimensioni e la forma dei granuli, insieme alla morfologia dell’ilo, sono caratteristiche importanti per l’identificazione delle piante dalle quali proviene la farina.

Se osserviamo la farina al microscopio ottico, la differenza tra i granuli di amido delle diverse farine diventa evidente. Possiamo notare che la farina di frumento è formata da granuli semplici, di forma lenticolare e con ilo centrale puntiforme o lineare o a forma di Y, e da un gran numero di granuli sferoidali piccolissimi.

Fig. 3 Farina di frumento al microscopio ottico e al microscopio ottico polarizzatore.

La farina di patate è formata da granuli di forma ovoidale o irregolare ma arrotondata e di dimensioni variabili che possono essere anche ragguardevoli. L’ilo è puntiforme ed eccentrico. I granuli presentano evidenti striature concentriche che sono per niente o poco visibili in altre farine.

Fig. 4 Farina di patate (fecola) al microscopio ottico, al microscopio ottico polarizzatore.

La farina di riso è formata da piccoli granuli angolosi, con ilo centrale, riuniti in granuli composti molto compatti.

Fig. 5 Farina di riso al microscopio ottico e al microscopio ottico polarizzatore.

Tutti i granuli di farina, se non alterati dalla cottura e non danneggiati durante la macinazione, hanno un aspetto particolare quando osservati in luce polarizzata (Fig. 3, 4, 5): l’intero granulo appare luminoso e attraversato da due linee scure che si incontrano a livello dell’ilo a formare una croce più o meno regolare.

Al microscopio elettronico a scansione, i granuli di amido appaiono piuttosto lisci e con profili arrotondati.

L’uomo produce farina fin dal Paleolitico, utilizzando le piante spontanee che trovava nell’ambiente. La più antica farina che conosciamo risale a più di 30.000 anni fa.

MARTA MARIOTTI LIPPI

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