Prefazione – 2023
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La peste descritta da Manzoni arrivò a Milano nell’autunno del 1629, diffondendosi lentamente nel 1630, quando nel maggio dello stesso anno tutto precipitò, tanto da venire ricordata come una delle più violente e tremende epidemie della storia.
Alla fine del 1500 il Duomo di Milano era ancora in costruzione, e alle sue spalle si trovava uno dei luoghi più malfamati della città, la zona di Via Laghetto, che era il cantiere del Duomo, oggi quartiere residenziale e tranquillo, tra Piazza S. Stefano e l’Università Statale – che all’epoca accoglieva i malati di peste -, ma allora luogo di prostitute, disadattati, ladri, il ritrovo degli ultimi, insomma, e anche di operai, di vetrai, conciatori, di carbonai – chiamati in milanese Tencitt (sporchi, anneriti ) – perché sempre imbrattati di nero dal carbone -, che lavoravano alla costruzione del Duomo. Per questo Via Laghetto fu soprannominata Ca’ di Tencitt, la casa degli sporchi.
Qui c’era una Darsena, un corso d’acqua artificiale che rendeva più veloce il collegamento coi Navigli, per il trasporto in barca dei materiali necessari per la costruzione del Duomo, come i blocchi di marmo bianco, per esempio.
La leggenda vuole che la “strega delle streghe” di Milano, chiamata Arima, vivesse in Via Laghetto 2. Di lei si conosce poco, seppure dai documenti dell’epoca la sua storia è legata alla peste di Milano.
Dicevano fosse dedita al sabba e a balli misteriosi sui tetti di Via Laghetto, dopo banchetti occulti, che di notte preparasse pozioni e sortilegi.
Arima aveva la capacità di guarire con le erbe, che conosceva e usava con grande competenza, e aveva l’arte di distinguere il bene dal male, di pacificare le tensioni tra le streghe, che di notte affollavano un altro posto malfamato di Milano, piazza della Vetra, luogo dei tremendi roghi dell’Inquisizione.
Era sicuramente una figura “evoluta”, dotata del dono dell’empatia e della compassione, che “curava” con le sue erbe i poveri di quella zona.
Tutta Milano fu colpita dalla peste, ad eccezione di Via Laghetto e dei suoi abitanti. Così cominciarono a pensare che Arima avesse protetto la zona con un suo incantesimo.
Forse, tutto quel carbone che veniva trasportato in quel perimetro, col suo potere antiparassitario e disinfettante, inalato dagli abitanti, ritenuto allora potentissimo medicinale, li aveva salvati.
Forse la polvere di marmo usata per costruire il Duomo, che si depositava dappertutto, anche sulla pelle, li aveva resi immuni dall’attacco delle pulci, vettori del batterio della peste. Chissà, ma eravamo agli inizi della scienza medica.
2
Fatto sta che nel 1630 il carbonaio Bernardo Catoni fece realizzare un affresco, come ringraziamento alla Madonna per aver salvato la maggior parte dei “tecitt” dall’epidemia, la Madonna dei Tecitt, appunto, ben nota ai milanesi, sulla Ca’ dei Tecitt, storica sede dei carbonai milanesi.
Di Arima si persero completamente le tracce, però. Nessun documento riportò la sua fine. Il suo nome non figurerà tra le condannate al rogo dell’Inquisizione a Milano.
Nel 1641, in Piazza della Vetra, verranno bruciate le ultime due streghe condannate in città. I processi per stregoneria continueranno ancora per ottant’anni nelle valli alpine lombarde, fino al 1721.
Nel 1788, tutti i documenti relativi all’inquisizione di Milano, che coprivano il periodo 1314-1764, furono bruciati nel chiostro di S. Maria delle Grazie, per ordine dell’Imperatore Giuseppe II d’Austria.
Indiscutibile fu il rapporto tra stregoneria, sottoalimentazione e fame intuito da Gerolamo Cardano ( Pavia,1501- Roma,1576 ), medico, matematico, filosofo, astrologo, accademico, figura poliedrica del Rinascimento italiano, il quale riferiva di “ Donne miserabili, di solito una donna anziana, che vivono in solitudine, nelle valli prealpine, nutrendosi di castagne, erbe e verdure selvatiche, e perciò macilente, pallide, torve e risentite, che denunciano, anche solo al primo sguardo, la patologia melanconica. Deformi e maniacalmente fissate in allucinazioni, taciturne e fuori di senno, per cui poco differivano da quelle che si crede in preda al demonio.
Prima di dare credito a quanti affermano di intrattenere rapporti con i demoni, e prima di fare appello agli interventi di simili creature per spiegare fatti inconsueti, è necessario cercare di individuarne le possibili cause naturali”.(1)
La vita di Cardano fu avventurosa, travagliata, costellata di malattie, a livello personale e familiare, e ne rimane testimonianza nella sua autobiografia.
Nacque a Pavia, figlio illegittimo del nobile Fazio Cardano, giurista, esperto in matematica, tanto famoso da essere consultato da Leonardo da Vinci su problemi di geometria.
La madre perse, a causa della peste, i tre figli avuti da un matrimonio precedente, così tentò di abortirlo, senza riuscirci.
Gerolamo contrasse, a sua volta, la peste dalla sua balia,che ne morì.
Successivamente, con la madre e la zia si trasferì a Milano, presso il padre.
A 17 anni si iscrisse all’Università degli Studi di Padova, e poi a quella di Mantova, per studiare Medicina e Matematica.
Nel 1524 lasciò Milano in preda nuovamente alla peste, e si trasferì all’Università degli Studi di Padova e Venezia, dove si laureò in Medicina.
Morì a Roma nel 1576, e si conosce che avrebbe voluto essere sepolto a Milano, ma non fu possibile, a causa della peste che, nuovamente,aveva colpito la città.
Si potrebbe quasi dire: una vita scandita dalla peste!
3
Scrive Walter G. Sannita,” La strega è per antica tradizione una manipolatrice di erbe, una esperta conoscitrice delle virtù e dei poteri dei principii naturali; a queste sue conoscenze – oltre che al patto diabolico – sono state via via attribuite le sue capacità di intervenire sull’ordine stesso della natura, sovvertendone le leggi…Lo sfondo…della stregoneria europea e delle grandi persecuzioni del XVI e del XVII secolo implicava una magia naturale ed una medicina popolare, alternative alla medicina ufficiale dei centri urbani…I processi di stregoneria del XVI e XVII secolo hanno avuto luogo in massima parte in comunità montane ad economia agricola di sopravvivenza, pressoché totalmente separate da Stato e Chiesa…In queste aree, dove il background culturale era sostanzialmente un’amalgama di cristianesimo approssimativo e di relazione magico-pagana con la natura, la mammana-strega-fattucchiera aveva funzioni paramediche, somministrava medicamenti e suggeriva rituali terapeutici”. (2)
Le streghe consumavano nei sabba grandi quantità di cibo e di bevande, il loro pasto grasso, sfrenato o “orrido da cannibale” – dato che si diceva mangiassero i bambini per succhiarne il sangue -, era un chiaro indicatore della totale negatività dei loro rituali, visto attraverso l’ottica condizionante degli accusatori.
Ma, in fondo, il cibo delle streghe non era così diverso da quello dei poveri. E spesso, nella miscela per fare i pani veniva usata la segale cornuta, che contiene un elemento chimico simile all’LSD, in grado di dare allucinazioni, da cui i “voli” delle streghe.
Era un cibo contenitore di credenze, di tradizioni simboliche, ”Ogni momento dell’incontro corrispondeva all’infrazione di un tabù…la danza, itinerario rituale e il pasto si univano in simbiosi, dando vita a una ricostruzione contrassegnata…con toni malefici e diabolici”, scrivono Laura Rangoni e Massimo Centini. (3)
I cibi “rurali” delle streghe erano legati alla raccolta spontanea, e comprendevano frutti di bosco, erbe, funghi, spesso tossici e velenosi.
Le erbe aromatiche e officinali venivano cercate in luoghi incolti o coltivati nell’orto, importanti per tisane e decotti,costituivano la cucina-farmacia dell’epoca, e tra queste troviamo il papavero, la mandragora, la belladonna, in grado di provocare allucinazioni e visioni.
Anche l’aglio aveva un posto d’onore e così lo scalogno e la cipolla.
Le streghe difficilmente potevano permettersi il lusso dell’olio, del lardo, della sugna, quindi il grasso animale restava l’unica forma di condimento accessibile.
Le frattaglie erano il piatto principale dei poveri: orecchie, zampe,interiora, sangue, trippa, polmone, cuore, a volte pelle e occhi.
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Una trasgressione alle regole della cucina nell’immaginario delle streghe: la preparazione dei loro cibi era senza sale.
Già per gli antichi Romani questo ingrediente era sacro, connesso all’immortalità degli dei, e anche nella cultura cristiana mantiene la caratteristica di magico-sacrale.
Nel folklore del Mediterraneo, soprattutto in Italia, si ritiene che il sale sia aborrito dalle streghe e possa scongiurare fatture e malie. Da cui l’uso apotropaico di spargere il sale.
Cardano prese una posizione lucida e scaltra sul patto col diavolo fatto dalle streghe, cercò di confutare errori e false spiegazioni, individuando una serie di cause naturali che potessero spiegare fatti apparentemente miracolosi: le alterazioni dell’immaginazione, le allucinazioni e i deliri derivanti da cause ambientali o alimentari, i ruoli dei sogni, le paure e la malevolenza dell’umanità, passioni umane assai più pericolose dell’intervento molto improbabile dei demoni.
NICOLETTA ARBUSTI
(1) Gerolamo Cardano,” De Rerum Varietate”, Basilea, Editore Heinrich Petri 1559
(2) – Walter G. Sannita, “Induzione farmacologica ed esperienze psichiche,medicina popolare e stregoneria in Europa agli inizi dell’età moderna”, sta in “La strega, il teologo, lo scienziato”, Atti del convegno “Magia,stregoneria e superstizione in Europa,e nella zona Alpina”,Borgosesia 1983,a cura di M.Cuccu e P.A.Rossi, Ecig, Edizioni Culturali Internazionali,Genova,1986.
(3) Laura Rangoni, Massimo Centini, “Mangiar da streghe”, Mursia ed.,1999.